Sicilia da conoscere: il Pistacchio di Bronte

Le origini
 
 Furono gli Arabi strappando la Sicilia ai Bizantini, a promuovere ed a diffondere la cultura del pistacchio nell’isola e, a conferma di ciò, basta considerare l’affinità etimologica del nome dialettale dato al pistacchio col corrispondente termine arabo. “Frastuca” il frutto e “Frastucara” la pianta derivano infatti dai termini arabi “fristach”, “frastuch” e “festuch” derivati a loro volta dalla voce persiana “”fistich”. La specie ha   particolare sviluppo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento nelle province di Caltanissetta, Agrigento e Catania. In quest’ultima, ai piedi del vulcano Etna, nel territorio di Bronte, conobbe la massima espansione tanto che nel 1860 interi pascoli e  terreni incolti furono trasformati in pistacchieti e la pianta coltivata divenne il fulcro di tutto il sistema agricolo ed economico dell’area.
 
La pianta
 
Il pistacchio è un arbusto, più raramente un albero di piccola taglia, di altezza non superiore ai 6 metri, dotato di radici profonde, dal tronco nodoso e contorto di colore grigio brumastro e dal fogliame caduco. La pianta si trova a suo agio sulle rocce laviche proibitive per qualsiasi altro tipo di vegetazione. Se vogliamo coltivare il pistacchio bisogna sapere che su otto piante femmine bisogna piantare un maschio e sapere ancora che il maschio deve essere piantato in sopra vento e in sotto vento le femmine,  in questo modo il vento può trasportare il polline dei fiori dai maschi fino al pistillo delle femmine. Il terreno, caratterizzato in prevalenza da rocce che affiorano in superficie, crea degli ostacoli alla meccanizzazione di tutte le pratiche culturali indispensabili e determina elevati costi di produzione. La difficile raccolta su questi terreni è il maggior motivo per il quale si impone ai pistacchieti etnei un ciclo di produzione biennale. Poiché a causa del pericolo di dispersione si è costretti a raccogliere direttamente dagli alberi con notevole impiego di costosa manodopera, si preferisce avere un’annata totalmente vuota poi seguita da una abbondante. 
 
In cucina
 
I semi di pistacchio contengono molte proteine (18-23%), in olio (50-60%), vitamine ed altre sostanze non azotate (15-17%), fra i quali prevale il principio attivo della fecondità. Il frutto ha quindi un valore nutritivo molto alto ed il suo valore in calorie è doppio di quello del burro. E’ assai pregiato e ricercato anche per il suo sapore aromatico e gradevole in pasticceria, in gelateria e per aromatizzare ed insaporire molte vivande. L’olio estratto dal frutto, trova anche applicazione in dermatologia per le sue alte doti emollienti ed ammorbidenti. E’ insuperabile per l’utilizzo in pasticceria, ma in Italia sono in realtà sempre meno le industrie che usano questo pistacchio dal costo più elevato dei semi che vengono importati a basso costo soprattutto dall’Iran – questi sono tondi -, ma anche dalla Turchia, dall’Afghanistan, dalla Grecia e dall’ America meridionale. Gli stranieri invece continuano a comprare i pistacchi di Bronte, soprattutto le case che producono specialità da gourmet,   dal fois gras francese, alle praline svizzere
 
                                                                                                                                   Gianni Nizza
 
 
Archivio Sicilia: